Le Politiche attive in favore della riqualificazione dei lavoratori
L’attuale emergenza epidemiologica e la conseguente crisi economica hanno evidenziato la necessità di investire, oggi più che mai, nelle politiche attive del lavoro attraverso un piano strutturale per mantenere intatti i livelli occupazionali e rinfrancare i settori merceologici, duramente colpiti dalla crisi pandemica.
Per tali fini si distingue – nell’ambito delle misure introdotte per contrastare la crisi – il Fondo Nuove Competenze, istituito presso l’ Anpal dal decreto legge “Rilancio” (art. 88 del decreto legge 19 maggio 2020, n. 34, modificato dall’art. 4 del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104); il fondo è attuato sulla base delle disposizioni del decreto interministeriale del 9 ottobre 2020 e con determinazione Anpal del 4 novembre 2020.
L’obiettivo di tale misura è sostanzialmente duplice, sostenere la ripresa dell’attività lavorativa delle imprese, implementando il processo di adattamento a nuovi modelli organizzativi e produttivi nonché offrire ai lavoratori strumenti innovativi per lo sviluppo di nuove competenze e ciò nell’ottica “innalzare il capitale umano” quale risorsa per adeguarsi alle nuove condizioni di mercato.
Presupposto per l’accesso al Fondo nuove competenze- la cui gestione è affidata all’Anpal – è la sottoscrizione di un accordo collettivo di secondo livello da parte di associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale (in caso di accordo territoriale), ovvero dalle loro rappresentanze sindacali operative in azienda (in caso di accordo aziendale).
La norma si rivolge quindi ai datori di lavoro privati che stipulino, entro il 31 dicembre 2020 accordi collettivi di rimodulazione dell’orario di lavoro dei propri lavoratori, per mutate esigenze organizzative e produttive dell’impresa o per favorire percorsi di ricollocazione; la riduzione dell’orario di lavoro dovrà essere finalizzata ad appositi percorsi di sviluppo formativo delle competenze del lavoratore.
Le FAQ pubblicate il 23 novembre 2020 dall’Agenzia nazionale per le politiche del lavoro (ANPAL) chiariscono che i contributi a fondo perduto del Fondo nuove competenze sono destinati non solo alle imprese, ma a tutti i datori di lavoro del settore privato, compresi i liberi professionisti, che hanno dipendenti e che applicano il CCNL.
Gli accordi sindacali dovranno contenere la descrizione del progetto formativo, il numero dei partecipanti, il numero di ore dell’orario di lavoro da destinare alla formazione delle competenze (con un limite massimo di 250 ore per ciascun lavoratore).
Nell’accordo sarà necessario individuare con precisione i fabbisogni del datore di lavoro in termini di nuove o maggiori competenze, in risposta alle mutate esigenze produttive dell’impresa e del conseguente adeguamento necessario per la riqualificazione del lavoratore
Sul punto, la scelta di affidare l’individuazione degli interventi ai contratti di prossimità consente alle parti stipulanti di bilanciare al meglio gli interessi dei datori di lavoro e dei lavoratori e, al tempo stesso, di adeguarsi alle specifiche peculiarità ed esigenze del comparto produttivo.
E’ di notevole interesse, poi, sottolineare quanto previsto dall’art. 3 del sopracitato D.M. del 9 ottobre 2020 laddove in sede di accordo sindacale, precisa che le attività formative potranno essere finalizzate anche a “promuovere processi di mobilità e ricollocazione in altre realtà produttive” come utile strumento per fronteggiare uno dei principali effetti della crisi occupazione post pandemia, quale l’eccedenza di personale.
Per quanto riguarda la formazione, possono svolgere il ruolo di soggetti erogatori gli enti accreditati dei sistemi nazionali e regionali di formazione professionale, le istituzioni scolastiche, le Università, ma anche la stessa azienda, qualora dimostri il possesso di specifici requisiti tecnici, fisici e professionali di capacità formativa.
Con riferimento ai termini di realizzazione dei percorsi di sviluppo delle competenze gli stessi dovranno essere realizzati e concludersi entro i 90 giorni dall’approvazione della domanda da parte dell’ANPAL.
Il predetto termine è elevato a 120 giorni nei casi in cui la domanda sia presentata dai Fondi Paritetici Interprofessionali e dal Fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei
lavoratori.
Si precisa che i termini di 90 e 120 giorni, di natura non perentoria, se motivato da comprovate ragioni, potranno essere estesi previa richiesta da parte del datore di lavoro e successiva valutazione da parte dell’ ANPAL.
Le attività formative potranno iniziare anche nel 2021, purché si concludano entro 90 (o 120) giorni dall’approvazione della domanda ed a condizione che gli accordi di rimodulazione dell’orario di lavoro siano sottoscritti entro il 30 giugno 2021.
Sul punto giova precisare che proprio la scadenza di fine anno per la sottoscrizione degli accordi di rimodulazione dell’orario di lavoro dovrebbe essere oggetto di un provvedimento di modifica del decreto attuativo del Fondo, che dovrebbe prevedere – almeno questo è l’auspicio – la proroga del suddetto termine.
L’erogazione del contributo è eseguita dall’ INPS in due tranche: anticipazione del 70% e erogazione del restante 30% a saldo. Il finanziamento, autorizzato da ANPAL con cadenza trimestrale, avviene attraverso il meccanismo dello sgravio contributivo operato dall’INPS e remunera ai datori di lavoro il costo del personale, comprensivo di contributi previdenziali e assistenziali, relativo alle ore di frequenza dei percorsi di sviluppo delle competenze stabiliti dagli accordi collettivi.
La dotazione del fondo è costituita, al momento, da 730 milioni di euro, di cui 230 milioni a valere sul Programma operativo nazionale Sistemi di politiche attive per il lavoro (PON SPAO), cofinanziato dal Fondo sociale europeo (FSE). Tale dotazione potrà essere incrementata con ulteriori risorse dei Programmi operativi nazionali e regionali di FSE e, per le specifiche finalità, del Fondo per la formazione e il sostegno al reddito dei lavoratori e dei Fondi paritetici interprofessionali.
Non v’è dubbio, quindi, che con tale norma il legislatore abbia inteso offrire alle parti sociali, in primo luogo, uno strumento per favorire “la graduale ripresa dell’attività dopo l’emergenza”.
Il ricorso a strumenti di protezione, quali il blocco dei licenziamenti economici, le disposizioni in materia di trattamenti di integrazione salariale, l’estensione della platea dei beneficiari circa l’accesso a misure economiche straordinarie, rischia, però, di risultare vano se, alla fine dell’emergenza sanitaria, non si sarà in grado di avviare un importante potenziamento delle politiche attive del lavoro.
Ed infatti la rapida diffusione del virus sull’intero territorio nazionale ha indotto il Governo ad attuare interventi, perlopiù, diretti alla salvaguardia dei posti di lavoro minacciati dalla sospensione delle attività.
Pertanto risulta essenziale implementare – nelle politiche attive del lavoro – ulteriori piani strutturali di intervento per aggredire gli effetti provocati dalla crisi occupazionale e per risollevare concretamente i settori più colpiti dalla crisi pandemica; come è indubitabilmente necessario agire sul terreno delle tutele concrete da apprestare alle categorie di lavoratori più deboli, quali giovani e lavoratori precari.
Nonostante un importante investimento sia in termini economici che di capitale umano, la strada è ancora lunga e tortuosa anche in considerazione della necessità di una razionalizzazione istituzionale, in termini di riordino delle potestà legislative che elimini gli effetti distorsivi più evidenti prodotti dall’attuale riparto di competenze tra Stato , Regione ed Enti, in un ottica di armonizzazione e uniformità delle attività di programmazione delle politiche attive evitando il concreto rischio di un’elevata frammentazione e riduzione della capacità di intervento degli attori che operano in tale ambito.
LA CERTIFICAZIONE DELLE COMPETENZE
L’ Avviso FNC prevede che al termine del percorso di riqualificazione, il personale formato consegua una certificazione pari almeno ad un EQF 3 o 4. Nello specifico l’acronimo EQF sta per European Qualification Framework sancito nel 2008 dal Parlamento Europeo. Da un punto di vista tecnico l’EQF “è una griglia di referenziazione, funzionale utile al posizionamento delle diverse qualificazioni rilasciate nei Paesi membri” dell’Unione Europea. Il “confronto si basa su livelli comuni di riferimento, correlati a learning outcomes (risultati dell’apprendimento) e collocati in una struttura ad otto livelli”.
Nel caso l’ Avviso FNC specifica che è buona prassi conseguire la certificazione delle competenze acquisite dal percorso di riqualificazione da un soggetto terzo quindi diverso da chi ha effettuato il percorso formativo.
Ad oggi le istanze presentate sono più di 46.000 e l’auspicio delle Parti Sociali è quello di favorire l’utilizzo del FNC anche per le PMI che ad oggi ricoprono più del 60% del tessuto imprenditoriale Nazionale.
In definitiva il Fondo istituito si presenta non solo quale misura alternativa ai licenziamenti ma anche alla mera collocazione dei lavoratori in cassa integrazione; esso apre infatti ad una diversa prospettiva per affrontare le eccedenze di personale: la riqualificazione dei lavoratori attraverso le nuove competenze anche in termini di innovazione tecnologica.